SANTINA RICUPERO


 

 

 

Marzo/Maggio 2014

Ricomporre l'infranto


Se c'è un elemento che caratterizza la lunga ricerca artistica di Santina Ricupero, iniziata sin dagli anni Ottanta, è il suo interesse per la natura.

Una natura che risiede nella sua memoria, legata a luoghi visti e "vissuti", e che si manifesta nella realizzazione di paesaggi intimi ed emozionanti.

Quello proposto da Santina non è un paesaggio veduto, riconoscibile, né un paesaggio fantastico, ma è l'immagine della natura naturans, del farsi e disfarsi della materia, del suo continuo trapasso dallo stato solido a quello liquido, atmosferico, del suo naturale corso metamorfico.

I suoi paesaggi infinitamente profondi e selvaggi, sono evocazioni di rocce corrose, di alberi contorti e avviluppati su se stessi; sono carichi di energia primigenia, trasmessa attraverso il segno e la materia-colore.

I lavori recenti, qui presentati, sono realizzati su carte sgualcite che vengono poi bruciate, in realtà solo fatte lambire dalla fiamma. Questi lavori permettono una nuova e singolare lettura della materia carta che, dopo la combustione, acquista suggestivi e tragici contorni bruni, che ne esaltano la fragilità.

Queste slabbrate carte colorate sono caratterizzate da motivi impressi a cerchi concentrici che si offrono a molteplici interpretazioni.

In generale i cerchi concentrici evocano un'energia dinamica centrifuga che si diparte da un punto, come gli anelli che si formano gettando un sasso in acqua, o, all'opposto, un movimento centripeto, ma possono anche suggerire immagini cosmiche o rimandare al ciclo vitale dell'albero.

Questi lavori si presentano anche come composizioni simili a sottili cortecce staccate dal tronco dell'albero, lacerati lembi di "pelle naturale".

Queste opere richiamano infatti una lacerazione interiore dove grande importanza ha il segno del tempo che alimenta la memoria, intesa come un incessante rifluire di relitti e frammenti di ricordi.

Sono antiche pergamene, brandelli di misteriose mappe, isole dalle coste frastagliate che fluttuano nello spazio.

Le carte bruciate, a volte assemblate, accostate e sovrapposte con estrema delicatezza e raffinatezza, danno vita ad una geografia dell'anima, ad un paesaggio friabile ed effimero come di fatto è la nostra vita.

Vi è però il tentativo di ricomporre l'infranto, in particolare nei collage, dove le carte riacquistano una loro composta solidità.

Come è stato notato, l'albero da tempo è un soggetto caro a Santina per le sue valenze simboliche. Ma dell'albero all'artista sembra interessare in particolare il suo tronco, o meglio il suo "corpo". Realizzati con segni vitali e dinamici, scuri e chiari, che creano e contemporaneamente cancellano l'immagine che si manifesta, i tronchi sono raffigurati in torsioni, avvitamenti.

Viene così messa in evidenza la loro contorta plasticità che richiama le masse muscolari di corpi umani in movimento e in tensione. Alcuni disegni poi suggeriscono una vera e propria identità tra corpi umani e corpi vegetali, presentando forme volumetriche in continuo mutamento. Sono forme che incessantemente si disfano e si ricompongono e ad ogni istante si creano di nuovo sotto il nostro sguardo.

Ma così è la natura che incessantemente disfa e crea. Le forme viventi non sono mai statiche ma sempre dinamiche. E ciò può valere anche per le forme apparentemente non viventi (come le rocce) quando vengano animate da pura energia, come quella che è in grado di sprigionare Santina.

Giovanni Bianchi


- note biografiche


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